mercoledì 23 maggio 2012

LA VERA CENSURA
Se per censura s’intende il controllo della comunicazione o di altre forme di libertà; libertà di espressione, di pensiero, di parola da parte di una autorità, ogni commissione a suo modo, è giudicante e discriminante. Questo modo di dividere il "bello dal brutto" il "giusto dallo sbagliato" stabilendo chi è finanziabile e chi non lo è, puo’ avere effetti collaterali importanti. E’ un sistema che non produce intelligenza né competenza. Ci sono altri modi per generare benessere e conoscenza, ma presuppongono di modificare i nostri modelli culturali.
Il sistema selettivo è funzionale, ma non è ovvio né naturale. “Non danno i soldi a Bellocchio! Dio mio cosa è successo?" E’ successo quello che in genere accade usualmente; si discrimina ciò che non è funzionale ad una strategia economica e politica; in genere a farne le spese sono i pesci piccoli (tanti) piu’ raramente quelli grandi. Chi ”merita di più” ha maggior valore di chi “merita di meno” Chi l’ha deciso ed in base a quali parametri? Il sistema competitivo va a braccetto con quello clientelare. Il sistema competitivo è funzionale solo a chi lo governa. Dove c’è una commissione per quanto illuminata sia, c’è sempre un discrimine organico. Il modello politocratico non è insostituibile, ed è un e(o)rrore sociale. Anche i direttori dei festival dovrebbero riflettere su questo punto. Questo modello è da abbandonare perchè non è funzionale ad una democrazia partecipativa, non è funzionale ad un sistema economico in continua decrescita. Quindi il problema sta a monte: l’inagibilità delle commissioni che scelgono chi deve vivere e chi deve morire.  Occupare spazi pubblici, teatri o cinema, senza ridiscutere questi modelli non ha alcun senso. E’ la solita minestra riscaldata. Siamo lontani dal cambiamento, siamo ancora fermi ad uno schema piramidale (dove in in cima alla piramide c’è sempre qualche capò). Siamo lontani da una democrazia fluttuante, dinamica, collettiva dove alla SELEZIONE si sostituisca la CONDIVISIONE. E’ bene trovare modalità alternative di ridistribuzione del bene pubblico, diverse dalle commissioni di esperti, perchè il bene comune, si chiama così non a caso: è dei cittadini che devono essere adeguatamente coinvolti nelle scelte che li riguardano.

Arthur Frame

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