Lo scopo di questo progetto è di capire se ci sono connessioni adeguate tra i paesi del Centro Europa; se la rete sociale, ambientale, infrastrutturale esiste o meno, se è sufficientemente sviluppata, cosa c’è e cosa manca. Una cosa è certa: l'esigenza generale dei più giovani, è generalmente la volontà di apertura per non essere circondati dai soli concittadini di sangue, i ragazzi cercano opportunità per muoversi e interagire con altre realtà magari piu' stimolanti e interessanti della propria, di veder per esempio riconosciuti i propri titoli di studio almeno in tutta l’area comunitaria. Per contro c'è poi un lavoro da fare, non so chi lo farà, per rimuovere un modello culturale stanziale e indolente che vede nell'identità una sicurezza di sopravvivenza, dimenticando che l'identità non esiste, spesso è confusa con l'appartenenza a un gruppo sociale, a una comunità, a un sistema chiuso. L'isolamento annienta e uccide così come annienta e uccide la cieca condivisione a un modello sconsiderato di “crescita” e di progresso. Questa incondizionata accettazione a un sistema finanziario immateriale che investe sulla distruzione dell'ambiente è la cosa più inquietante e meno chiara che ci sia, eppure è ciò che governa spesso anche le politiche comunitarie. Il nostro viaggio nel Centro Europa ci ha però confortati, confrontandoci, rispetto al nostro Paese di provenienza. C’è poco da fare, fuori dall’Italia funziona tutto meglio, dai tram, ai corsi universitari. Meglio l’Ungheria, l’Austria, la Polonia, La Slovacchia, La Repubblica Ceka, La Germania e la Slovenia. Da noi c’è qualcosa di malato; un cascame mafioso gerontocratico che soffoca qualsiasi impeto creativo. Ormai la gente normale sta rasentando la miseria e i politici hanno la pancia piena. Uscire dall'Italia è diventata per molti una necessità di sopravvivenza, almeno per chi ce la fa, per gli altri c'è solo la speranza di maturare una maggior coscienza per porre fine a questa carneficina nei confronti dei meno abbienti.
Lo scopo di questo progetto è di capire se ci sono connessioni adeguate tra i paesi del Centro Europa; se la rete sociale, ambientale, infrastrutturale esiste o meno, se è sufficientemente sviluppata, cosa c’è e cosa manca. Una cosa è certa: l'esigenza generale dei più giovani, è generalmente la volontà di apertura per non essere circondati dai soli concittadini di sangue, i ragazzi cercano opportunità per muoversi e interagire con altre realtà magari piu' stimolanti e interessanti della propria, di veder per esempio riconosciuti i propri titoli di studio almeno in tutta l’area comunitaria. Per contro c'è poi un lavoro da fare, non so chi lo farà, per rimuovere un modello culturale stanziale e indolente che vede nell'identità una sicurezza di sopravvivenza, dimenticando che l'identità non esiste, spesso è confusa con l'appartenenza a un gruppo sociale, a una comunità, a un sistema chiuso. L'isolamento annienta e uccide così come annienta e uccide la cieca condivisione a un modello sconsiderato di “crescita” e di progresso. Questa incondizionata accettazione a un sistema finanziario immateriale che investe sulla distruzione dell'ambiente è la cosa più inquietante e meno chiara che ci sia, eppure è ciò che governa spesso anche le politiche comunitarie. Il nostro viaggio nel Centro Europa ci ha però confortati, confrontandoci, rispetto al nostro Paese di provenienza. C’è poco da fare, fuori dall’Italia funziona tutto meglio, dai tram, ai corsi universitari. Meglio l’Ungheria, l’Austria, la Polonia, La Slovacchia, La Repubblica Ceka, La Germania e la Slovenia. Da noi c’è qualcosa di malato; un cascame mafioso gerontocratico che soffoca qualsiasi impeto creativo. Ormai la gente normale sta rasentando la miseria e i politici hanno la pancia piena. Uscire dall'Italia è diventata per molti una necessità di sopravvivenza, almeno per chi ce la fa, per gli altri c'è solo la speranza di maturare una maggior coscienza per porre fine a questa carneficina nei confronti dei meno abbienti.
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