Raramente
capita di vedere lo spirito intelligente affiorare nelle opere e nei pensieri
degli "artisti" di oggi. Caridad è una delle eccezioni. Le sue parole
a coronamento delle scene dipinte sono calde e poetiche, descrivono l'ambiente
che sta loro attorno; fatto di pensieri, di sensazioni, di quotidianità, uno dei fortunati casi in cui la "cornice" non è superflua e decorativa ma corpo dell'opera e questa cornice sentimentale è la vita stessa di
Caridad, le sue relazioni, l'andare a prendere le uova fresche da
un'amica, osservare che tempo fa fuori dalla finestra. Lei ci restituisce
questa intimità nelle parole e nelle cose di ogni giorno, ritagliando in
pochi tratti un piccolo mondo, denso, come quello di Giorgio Morandi, con pari intensità nell'osservazione. Trovo bello anche
il suo modo di esprimersi quando lei utilizza il termine "melograno seduto sul tavolo" al
posto di "appoggiato" e altre licenze poetiche a commento dei quadri, nel tradurre l'inglese in italiano. L'opera di Caridad mi ricorda la regola della finitudine greca e la disciplina antica dell'Icona, cioè dell'arte sacra tradizionale. Questo suo lavoro ha una dimensione spaziale: il quadro contenente la piccola natura morta, e la
cornice esistenziale dedotta dai commenti e poi c'è la dimensione temporale, la
scansione degli appuntamenti quotidiani; un'opera al giorno. Questa forma di
esistenza e di resistenza è totalmente controcorrente rispetto all'idea
consumistica dell'arte sponsorizzata oggi, votata e svuotata nell’illimitatezza
dell' esibizionismo. Caridad rappresenta quindi un ritorno alla
dimensione del limite; al prendersi cura delle cose prossime. Al godimento
percettivo del presente. All'avanzamento verso un'arte equosolidale che
riporti la donna, l'uomo e il bambino al centro della propria
dimensione umana accettabile e praticabile. Questa è la vera misura oltre-moderna, l'unico situazionismo accettabile: la vita stessa.
Rodolfo
Bisatti
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