Vent’anni interminabili di oblio.
Vent’anni interminabili di oblio.
Bisognerà aspettare la fine degli anni novanta perchè internet sputi a
singhiozzo il passato nella tazza lucida della storia, per vomitare finalmente
il midollo triturato di un’epoca. Dal 78 all’98 il vuoto pneumatico. Non c’era
più nulla, nessuno sapeva che fine avessero fatto i protagonisti della cultura
dei movimenti studenteschi e operai degli anni settanta. Artisti, gruppi
musicali, autori, inghiottiti nelle sabbie mobili del riflusso. Nemmeno fievoli
echi nel vuoto: non un articolo, una scritta, un file, nulla! Lolli, Rocchi,
Area... scomparsi! Una
frattura alla spina dorsale di un’Epoca. La tecnologia e l’inventiva
nell’applicarla hanno accorciato questa distanza, in parte colmato questa assenza:
gettato un ponte tra passato e futuro affinchè il presente non fosse in eterno
quella lunga ripulita giornata passata nell’orfanotrofio dorato che era la
città degli anni ottanta. Internet ristabilisce la connessione tra generazioni,
consente la possibilità di riagganciare la deriva, di livellare il centro alla
periferia. Molta zavorra è stata gettata o s’è persa; la massa in più,
ideologica, pedante e pesante s’è disciolta. I relitti di una dottrina mai
assimilata, mai esaminata, mai contestata, mai digerita non tornano a galla.
L’epoca è cenere e ossa. Quella dell’analisi doverosa del fallimento del
comunismo è una battaglia persa, troppi scheletri negli armadi, troppe
responsabilità, occultamenti, ipocrisie e menzogne. Gli anni di piombo sono
stati atroci, si stava male, si soffriva, c’erano lacerazioni, collusioni,
porcherie ovunque, non vi era assolutamente nulla di rivoluzionario. Noi, di
Area Creativa, abbiamo difeso con i pugni e con i denti uno spazio di
pluralismo e di democrazia, eravamo tacciati di essere degli artisti non
schierati. Nonostante fossimo ragazzini, abbiamo occupato l’ Istituto Statale
d’Arte e per tre settimane abbiamo aperto le porte affinchè tutta la città
potesse vedere cio’ che eravamo riusciti a fare, invitando tutti i
trecentocinquanta studenti, indipendentemente dal loro stigma politico e dalla
loro appartenenza sociale, ad esporrre le loro opere. Eravamo nel 1978. Eppure qualcosa dell’Epoca s’è salvato,
il DNA della vita stessa. Certo la ferita dei cosidetti giovani di oggi vecchi
di trent’anni (l’età media s’è allungata), è profonda. Sciroccati da una
solitudine pneumocatodica, dal culto del corpo e dell’apparire, quando poi
ostentano mescolanze e contaminazioni che non sentono intimamente, risultano
impacciati e imbarazzanti, quando scimmiottano le mamme e persino i nonni
passando con disinvoltura da Vogue ai memorials di Lotta Continua (per noi un
giornaletto di centro sinistra) o del “Male”. Eppure qualcosa si sta muovendo; una corrente elettrica sta
attraversando più che il tempo, lo spazio. Timorosa, flebile, irresistente
energia a bassa frequenza. La rete ti consente di connetterti con la stessa
facilità con cui ci si puo’ sconnettere, ma la rete è solo il diagramma di un
flusso che sta praticamente emergendo.
A.F.
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