lunedì 11 giugno 2012


LA MONTAGNA DELL'AMORE
Il sospetto è sempre quello che ci sia più di una semplice connivenza tra arte e regimi totalitari, al di là del fatto eclatante che un autore aderisca o meno a un preciso programma di sterminio.
E’ difficile ipotizzare un non allineamento diretto o indiretto dell’ arte audiovisiva  coeva di un regime. La demagogia sostenuta da alcuni che sotto i regimi (buoni) ci sia piu’ libertà rispetto ai regimi (cattivi) lascia il tempo che trova.
L’arte cinematografica ha quasi sempre un ruolo ancellare rispetto a un potere dittatoriale e quindi la sua redenzione è lontana. Estetica del nazismo, comunismo e consumismo piu’ o meno si equivalgono, cambia la modalità dello sterminio ma quel sentimento di decadenza e putrefazione estetica si equivalgono. La lobotomizzazione della televisione a scapito della popolazione è un chiaro esempio di collaborazionismo a un preciso programma di sterminio culturale. Sostenere il contrario è un forzare la mano dichiarando la “libertà dell’arte” rispetto a una dittatura, dimenticando che per esistere, la dittatura ha bisogno del controllo totale dell’informazione. E’ più appropriato dunque chiarire che le modalità di azzeramento del dissenso rispetto al regime vigente possono essere diverse, se durante i regimi “duri” l’artista ribelle veniva ucciso o mandato al confino, ora nei regimi “morbidi” l’artista ribelle viene azzerato rendendolo invisibile; la sostanza non cambia.

A.F. 

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