LA MONTAGNA DELL'AMORE
Il sospetto è sempre quello che
ci sia più di una semplice connivenza tra arte e regimi totalitari, al di là
del fatto eclatante che un autore aderisca o meno a un preciso programma di
sterminio.
E’ difficile ipotizzare un non
allineamento diretto o indiretto dell’ arte audiovisiva coeva di un regime. La demagogia sostenuta
da alcuni che sotto i regimi (buoni) ci sia piu’ libertà rispetto ai regimi (cattivi) lascia il tempo che trova.
L’arte cinematografica ha quasi sempre un ruolo
ancellare rispetto a un potere dittatoriale e quindi la sua redenzione è
lontana. Estetica del nazismo, comunismo e consumismo piu’ o meno si
equivalgono, cambia la modalità dello sterminio ma quel sentimento di decadenza
e putrefazione estetica si equivalgono. La lobotomizzazione della televisione a
scapito della popolazione è un chiaro esempio di collaborazionismo a un preciso
programma di sterminio culturale. Sostenere il contrario è un forzare la mano dichiarando
la “libertà dell’arte” rispetto a una dittatura, dimenticando che per esistere,
la dittatura ha bisogno del controllo totale dell’informazione. E’ più
appropriato dunque chiarire che le modalità di azzeramento del dissenso
rispetto al regime vigente possono essere diverse, se durante i regimi “duri”
l’artista ribelle veniva ucciso o mandato al confino, ora nei regimi “morbidi”
l’artista ribelle viene azzerato rendendolo invisibile; la sostanza non cambia.
A.F.
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