La comunicazione prevede la possibilità che il destinatario possa controbattere, quindi la comunicazione è sempre interlocutoria, se questo non accade non possiamo in alcun modo parlare di comunicazione ma di ingiunzione. La televisione pertanto non comunica ma impone un messaggio. Ciò è talmente evidente che i conduttori televisivi più creativi (Arbore) hanno introdotto, decenni or sono, il telefono come mezzo diretto di inter-locuzione con il pubblico. Evidentemente questo è solo un gioco simbolico fagocitato dalla Carrà negli anni ottanta come l'espediente principale di finta comunicazione colloquiale tra Potere televisivo e Pubblico. L'altro aspetto preoccupante della televisione, in questo caso di Stato, è l'obbligo del pagamento del canone, che arriva a chiunque in modo indiscriminato, come se tutta la popolazione possedesse e utilizzasse un televisore. Il tentativo di umanizzare e rendere familiare la televisione è continuato con l'utilizzo del teatro di parola di Costanzo: la testimonianza in diretta. La distanza si è azzerata con le telenovelas girate in appartamenti simili agli appartamenti del pubblico. Tutto questo ha rafforzato la televisione che ha colonizzato le case di gran parte del pianeta. Il Calcio e la Formula Uno hanno cementificato questo rapporto di subalternità e dipendenza. La televisione, ad oggi, è di fatto il potentato più appetibile da parte dei partiti e della pubblicità. L'unico modo per interrompere questo rapporto sbilanciato e malato è quello di non avere alcuna televisione in casa. Si guadagna in salute e in economia. Inoltre il fatto di non possedere l'apparecchio consente una più adeguata e variegata informazione attraverso altri innumerevoli strumenti di comunicazione meno pigri. Consiglio, per esempio, di ricominciare andando a visitare gli affreschi di Giotto, a Padova, mia città natale, in cui appaiono, come nel caso della Presentazione di Maria al Tempio, dei passanti di schiena che osservano, indicando la scena e chiacchierando tra di loro. Tra Arbore, Carrà e Costanzo, Giotto è di gran lunga superiore perché ha capito che il principale interlocutore di un testo comunicativo è il testo stesso. Un unico problema: Giotto viene sei secoli prima dei nostri comunicatori contemporanei. Abbiamo assistito a seicento anni di involuzione?
A.F.
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