Teatro delle Ariette
martedì 3 luglio 2012
Vent’anni interminabili di oblio.
Vent’anni interminabili di oblio.
Bisognerà aspettare la fine degli anni novanta perchè internet sputi a
singhiozzo il passato nella tazza lucida della storia, per vomitare finalmente
il midollo triturato di un’epoca. Dal 78 all’98 il vuoto pneumatico. Non c’era
più nulla, nessuno sapeva che fine avessero fatto i protagonisti della cultura
dei movimenti studenteschi e operai degli anni settanta. Artisti, gruppi
musicali, autori, inghiottiti nelle sabbie mobili del riflusso. Nemmeno fievoli
echi nel vuoto: non un articolo, una scritta, un file, nulla! Lolli, Rocchi,
Area... scomparsi! Una
frattura alla spina dorsale di un’Epoca. La tecnologia e l’inventiva
nell’applicarla hanno accorciato questa distanza, in parte colmato questa assenza:
gettato un ponte tra passato e futuro affinchè il presente non fosse in eterno
quella lunga ripulita giornata passata nell’orfanotrofio dorato che era la
città degli anni ottanta. Internet ristabilisce la connessione tra generazioni,
consente la possibilità di riagganciare la deriva, di livellare il centro alla
periferia. Molta zavorra è stata gettata o s’è persa; la massa in più,
ideologica, pedante e pesante s’è disciolta. I relitti di una dottrina mai
assimilata, mai esaminata, mai contestata, mai digerita non tornano a galla.
L’epoca è cenere e ossa. Quella dell’analisi doverosa del fallimento del
comunismo è una battaglia persa, troppi scheletri negli armadi, troppe
responsabilità, occultamenti, ipocrisie e menzogne. Gli anni di piombo sono
stati atroci, si stava male, si soffriva, c’erano lacerazioni, collusioni,
porcherie ovunque, non vi era assolutamente nulla di rivoluzionario. Noi, di
Area Creativa, abbiamo difeso con i pugni e con i denti uno spazio di
pluralismo e di democrazia, eravamo tacciati di essere degli artisti non
schierati. Nonostante fossimo ragazzini, abbiamo occupato l’ Istituto Statale
d’Arte e per tre settimane abbiamo aperto le porte affinchè tutta la città
potesse vedere cio’ che eravamo riusciti a fare, invitando tutti i
trecentocinquanta studenti, indipendentemente dal loro stigma politico e dalla
loro appartenenza sociale, ad esporrre le loro opere. Eravamo nel 1978. Eppure qualcosa dell’Epoca s’è salvato,
il DNA della vita stessa. Certo la ferita dei cosidetti giovani di oggi vecchi
di trent’anni (l’età media s’è allungata), è profonda. Sciroccati da una
solitudine pneumocatodica, dal culto del corpo e dell’apparire, quando poi
ostentano mescolanze e contaminazioni che non sentono intimamente, risultano
impacciati e imbarazzanti, quando scimmiottano le mamme e persino i nonni
passando con disinvoltura da Vogue ai memorials di Lotta Continua (per noi un
giornaletto di centro sinistra) o del “Male”. Eppure qualcosa si sta muovendo; una corrente elettrica sta
attraversando più che il tempo, lo spazio. Timorosa, flebile, irresistente
energia a bassa frequenza. La rete ti consente di connetterti con la stessa
facilità con cui ci si puo’ sconnettere, ma la rete è solo il diagramma di un
flusso che sta praticamente emergendo.
A.F.
lunedì 2 luglio 2012
Non siamo un’agenzia pubblicitaria, siamo una rete di artigiani e facilitatori della comunicazione e dell’etica d’impresa: interveniamo sulla filiera per accorciarla, facilitiamo processi di reciproco scambio e la rendiamo quindi anche “filiera colta”.
http://www.facebook.com/retesmarketing
domenica 1 luglio 2012
CREAZIONE DEL CENTRO DI
DISTRIBUZIONE AUDIOVISIVA TERRITORIALE
L’alternativa ai festival
competitivi è la creazione di un’unica rassegna cinematografica
permanente che consenta la riattivazione di molte sale urbane centrali e
decentrate che convengano a una ampia circuitazione dei contenuti audiovisivi:
film, documentari, reportage, opere sperimentali, dirette di eventi ecc. I
finanziamenti pubblici e privati, destinati ai singoli festival e alle giurie e
quant’altro, dovrebbero essere totalmente riconvertiti in questa rete
distributiva democratica, riorganizzata in modo cooperativo/associativo/aziendale e il personale preso a prestito o contrattualizzato per un evento,
tecnici, studiosi ed esperti...
dovrebbe essere assunto a tempo pieno. Cio’ consentirebbe un rilancio
del cinema territoriale, nazionale ed europeo, con una finestra permanente
aperta a tutte le produzioni internazionali. Il costo del biglietto dovrebbe
essere abbassato a 2 euro, grazie anche all’apparato tecnologico e alla
riconversione del finanziamento pubblico. Il rilancio della sala come luogo universale
di aggregazione sociale e culturale consentirebbe a molte città di trasformarsi
da dormitori silenti, in cui i cinema superstiti cedono il posto ai supermercati, in cittedelle della cultura audiovisiva, potenziando anche
l’indotto editoriale, relazionale e reticolare legato alla cinematografia
contemporanea e ai suoi derivati (mediateche, videoteche, scuole, università, centri di
aggregazione ludica e intellettuale.) Nessuna censura preventiva o discriminazione
quindi ma censimento delle opere, vetrina espositiva ma anche e soprattutto
condivisione della conoscenza. Una struttura organizzativa consorziale e
scientifica di tale portata già esiste per altri campi del sapere e dell’apprendimento
e si basa sul concetto cardine che l’offerta culturale ai cittadini è un bene
primario e irrinunciabile per lo sviluppo di una democrazia reale.
Arthur Frame – terzocinema – luglio 2012
FESTIVALS? La fiera della Minchia!
FESTIVALS?
La fiera della Minchia!
Migliore
lungo, migliore corto, migliore medio, sembra la fiera della minchia questo
potpourry di minchiate (per l’appunto) che corolla festival, festivalini,
festivaloni. Una serie interminabile di graduatorie in cui una commissione
pubblica o privata stabilisce chi ce l’ha più lungo e chi ce l’ha più corto,
quindi bisogna mostrarlo a qualcuno evidentemente.
Poi
c’è anche la prestazione: c’è quello bravissimo, quello meno bravo, quello
interessante perchè un pò distorto e così via... Una folla eccitata convocata
da gentiluomini e gentildonne annoiati/e che si alzano una mattina sfregandosi
gli occhi e decidono di dare un senso alla loro vita e quindi di inventarsi un
festival nuovo che premia che ne so... i migliori cugini dei migliori stuntmen,
i migliori catering indipendenti, poi i migliori macchinisti (senza sapere che
i macchinisti non sono quelli che guidano il camion).
Il tutto innondato e
irrorato da una montagna di deplians che illustrano il ricco programma, ripieno
di carta patinata con loghi e stemmi della nostra Repubblica e derivati, che
affondano nei grassi idrogenati della birra offerta per l’occasione. Siamo
proprio oltre il limite della rassegna/zione visiva e olfattiva, ma la cosa più
sociologicamente curiosa è come
autori, produttori e attori nonché enti e istituzioni muniti di rappresentanti
legali, si prestino a queste passerelle di gara, sia essa grande o piccola,
paesana o metropolitana, poco importa, l’ìmportante è ... venire... arrivare
primi, conquistare il podio, eiaculare in pubblico! Poi ci sono le interviste,
sempre molto approfondite... Come è stato possibile tutto questo? La risposta è
variegata e complessa ma un elemento certo esiste! E’ stato possibile perchè
gli intellettuali del riflusso, fine anni settanta, anni ottanta, hanno
demolito il marxismo senza sostituirlo con alcunchè se non con una filosofia
autoreferenziale, “francese” per lo più, che invece di scavare
per asportare il marcio e salvare il salvabile... ha preferito rimuovere e basta;
pontificare e smerdare a buon prezzo, offrendo l’escremento intellettuale come
feticcio da adorare in sé (l’arte per l’arte), è così che si crea della gente
di merda!
Loro,
sono rimasti in superficie, protetti nella scatola catodica disinfettata.
Intellettuali
di merda che si scaccolano dalle “logge”, biascicando e sputacchiando a bassa
voce, incomprensibili battute, pisciando di fatto sulla gente. Con la loro
faccia da sedere, asseriscono che la televisione in mano loro è addirittura
strumento utile e ludico. Atroci parole conservatrici e morte. Fascisti come
solo degli “Ex” (comunisti) sanno e possono esserlo. Questi potenti modaioli
hanno incaricato discepoli di fiducia
di lavorare al posto loro, secondo direttive precise.
Cosi’
ogni sorta di disavanzo liceale si è avventurato nella eccitante avventura del
cinema, non per farlo, è troppo faticoso, ma per selezionarlo, decidendo in
modo assolutamente improprio e ignorante, chi deve vivere e chi deve morire.
Loro
chiamano questa amputazione culturale: “promuovere il cinema”. Questi minchioni
si sono presi una bella fetta del potere culturale nazionale. Spetta anche a
noi del terzocinema, tra le tante cose da fare, anche quella di iniziare le
dovute procedute per mandare educatamente, ma con determinazione, a casa questi
minchioni!
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