giovedì 22 maggio 2014

LA CURIOSITA' DEL GIOVINE
La curiosità è l’effetto fiammifero, non c’è il tempo di posare lo sguardo su una cosa che subito si brucia e si passa ad altro. In questo modo si cerca sempre di cambiare posizione nella segreta speranza di allontanare anche solo l’idea di stare ad ascoltare. Viaggiamo molto, guardiamo molto, spiamo molto ma non vediamo niente. Ecco perchè il poeta resta ancorato a un luogo, con i piedi per terra. Nonostante si immagini erroneamente al poeta come a un sognatore, colui che opera un’esegesi metafisica disancorata dalla realtà, in verità ha la testa sulle spalle, sposo della Musa a cui porge attenzioni e libagioni in cambio della verità. Il poeta si dedica a quella luce che stamattina illumina con novità sorprendente la credenza e per la prima volta esalta il servizio buono del thè museificato dagli avi come modesto, struggente, simbolo degli affetti famigliari. Per De Pisis, Morandi, Biagio Marin, Zanzotto non c’è un’ occasione per darsi da fare e soccombere a tutte le curiosità del momento. Porre attenzione al tempo dell’attenzione significa concedersi all’ascolto dell’esistente.
Ieri una ragazza di venticinque anni, somala, arrivata in Italia con il solito barcone, per descrivermi il suo Paese, mi intonava una ninna nanna entrata nel suo corpo attraverso il canto di sua madre, la ninna nanna parlava del sonno tranquillo che aiuta il bambino a non temere gli animali, le fiere che s’aggirano ogni notte attorno al villaggio nella ricerca di carne fresca. Negli occhi lucenti di Amel c’era quanto basta per capire dall’interno l’essenza delle sue paure  e del suo villaggio. Non è necessario prendere un aereo, affittare una guida con Jeap per penetrare nella capanna, pagare gli indigeni per cosumare un giorno da leoni. E’ sufficiente guardare gli occhi di Amel, seduti, mentre si sorseggia un pessimo thè in bustina. Amel mi ha portato tre foglioline di menta raccolte da un giardino, la prossima volta, dice, “raccogliero’ qualcosa dal giardino per fare un buon thè”. Il poeta sta ancorato con i piedi per terra e, qualora non sia avvinto da una forza di gravità leopardiana che gli fa incurvare la schiena, lancia anche qualche occhiatina trasversale al cielo, se è un poeta femmina guarda la luna, legge i tarocchi e i segni imperscrutabili del tempo perso nel fondo delle tazzine del caffè.
Una ragazza di un centro che produce manager sopraffini mi istruiva in modo perentorio, dicendomi che un video per essere efficace non deve superare il minuto, meglio trenta secondi, volevo controbattere chiedendole se anche un libro per essere letto non deve superara una pagina, meglio mezza, ma poi mi sono trattenuto perchè la ragazza, tra l’altro molto bella e procace,  mi stava comunicando indirettamente quanto è importante esserci e quanto è importante il nostro lavoro maldestramente poetico per raddrizzare il mondo, almeno provarci. Altri giovani non rispondono mai al telefono perchè sono molto impegnati, hanno molte cose da fare, sono trafelati, poi scopri che in verità stanno ruotando sul pavimento della cucina perchè un genitore ha caricato loro la molla impiantata nel costato e, di conseguenza, finchè la carica non si esaurisce sono condannati a girare in tondo emettendo un effetto cremagliera a trazione che mi ricorda la trottola che avevo quando ero piccolo.
Ho amici che girano il mondo e raccontano paesi lontani, conflitti, gioie e dolori, ma poi quando si ritrovano a dover attraversare quei tre minuti di depressione congenita alla vita, si buttano giù e si domandano cos’è che non và, ma poi organizzano un altro viaggio e un’altra spedizione per alienarsi dal qui e ora. Il poeta ha sempre il tempo di viaggiare in profondità, perchè le formiche oggi si stanno riorganizzando sulla mensola appena levigata dal riverbero del sole e appaiono giganti passando rasente ai cocci colorati di vetro di murano, vale la pena osservarle. Il poeta non trascura i suoi piu’ cari amici e fedeli compagni di lavoro: il bar del cinese, le scarpe erotiche delle mamme che portano a scuola i figli, il finto marmo sul tavolo del tinello, quallo vero a macchie bianche e nere, ai piedi della tazza del cesso, dove ogni volta appaiono nuovi volti e figure mitologiche, il ragazzo matto che chiede sigarette ai passanti, il prete che ogni mattina compie misteriosi gesti sull’altare nell’incessante tentativo della transmutare il pane e il vino nel corpo e sangue di Cristo.  Certo bisogna lavorare, ma per lavorare ci sono due modi: o diventare schiavi della società o tentare di crearsi un destino, nel secondo caso è indispensabile almeno vagamente, sapere cosa si vuole fare e a questo quesito non consegue sempre una risposta automatica. Intanto si inizia ad osservare il contesto e poi ci si pensa. Il Poeta si infila le scarpe da lavoro per coltivare l’orto. Dante è stato sfortunato perchè è stato cacciato via da Firenze, ma ha girato in lungo e in largo la penisola, a piedi pero’ e quindi ha declinato l’esilio con l’esplorazione intima del mondo, è uno dei pochi poeti, suo malgrado, che hanno fatto tracking. Heiddeger non parlava bene della curiosità e infatti questo schizzo demenziale giovanilistico, ma in uso anche tra i piu’ anziani, del mordi e fuggi, è una fuga nel vuoto; una mutazione antropologica studiata a tavolino dagli ingegneri della comunicazione, cioè dai tirapiedi di quelle forze che ostracizzano e a volte, purtroppo uccidono i poeti. I poeti sono dei rivoluzionari perchè si radicano e, una volta radicati diventano pericolosi, ecco perchè i regimi inventano il confino, l’esilio, in sostanza li spostano e quando non riescono a risolvere spostando la gente indesiderata, la rinchiudono o la uccidono. Per distruggere un poeta è necessario sradicarlo dal luogo della sua ispirazione, allontanarlo da tutti i suoi “amici” di cui abbiamo fatto la polaroid prima, fargli terra bruciata intorno. Ricordiamone solo due Mandel’stam e Tarkowskij. E mentre si celebra il conflitto tra i Poeti e il Potere come tra Dio e il Diavolo, i giovani rampanti ci pensano da sè a sradicarsi ad annullare ogni loro forma di acquisizione del senso intimo della poesia, non ce la fanno, hanno le formiche sotto i piedi, devono viaggiare, fare esperienza, conoscere il mondo, mescolarsi, peccato che gli esiti siano profondamente deludenti perchè nell’assaggiare tutto fugacemente non assorbi sostanzialmente nulla, il giovane medio è il bignami delle esperienze e il coito interrotto è il suo rapporto d’amore rassicurante e preferito. Cresciuto a Tv, caramelle e facebook è convinto che la vita sia una superficie piatta e che per vedere il mondo, da veri esploratori, davvero bisogna andarci.  Il mondo è ovunque, tutto, se lo sai ascoltare, arriva come il profumo dei fiori, se sai ascoltare riesci persino a sentire  il rumore del pianeta che ruota su se stesso, poi dipende se hai o meno le cuffiette anestetizzanti piantate nei timpani o usi il gps per orientarti nel deserto per scoprire che hai perso il segnale... Amel è arrivata con il barcone, ma nei suoi occhi luminosi ho visto con angoscia e senso di colpa la mia faccia pallida di colonizzatore e di figlio di puttana, mi son sentito male, fisicamente sofferente, non riuscivo a guardarla negli occhi per la vergogna di appartenmere alla parte sbagliata del pianeta. Le ho in qualche modo chiesto scusa da parte dei francesi,degli inglesi, dei portoghesi e persino degli americani. Ma non credo che ci perdonerà e al momento giusto, che non è lontano, agirà.





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LA CURIOSITA’ DEL GIOVINE


La curiosità è l’effetto fiammifero, non c’è il tempo di posare lo sguardo su una cosa che subito si brucia e si passa ad altro. In questo modo si cerca sempre di cambiare posizione nella segreta speranza di allontanare anche solo l’idea di stare ad ascoltare. Viaggiamo molto, guardiamo molto, spiamo molto ma non vediamo niente. Ecco perchè il poeta resta ancorato a un luogo, con i piedi per terra. Nonostante si immagini erroneamente al poeta come a un sognatore, colui che opera un’esegesi metafisica disancorata dalla realtà, in verità ha la testa sulle spalle, sposo della Musa a cui porge attenzioni e libagioni in cambio della verità. Il poeta si dedica a quella luce che stamattina illumina con novità sorprendente la credenza e per la prima volta esalta il servizio buono del thè museificato dagli avi come modesto, struggente, simbolo degli affetti famigliari. Per De Pisis, Morandi, Biagio Marin, Zanzotto non c’è un’ occasione per darsi da fare e soccombere a tutte le curiosità del momento. Porre attenzione al tempo dell’attenzione significa concedersi all’ascolto dell’esistente.
Ieri una ragazza di venticinque anni, somala, arrivata in Italia con il solito barcone, mi intonava una ninna nanna entrata nel suo corpo attraverso il canto di sua madre, la ninna nanna parlava del sonno tranquillo che aiuta il bambino a non temere gli animali, le fiere che s’aggirano ogni notte attorno al villaggio nella ricerca di carne fresca. Negli occhi lucenti di Amel c’era quanto basta per capire dall’interno l’essenza delle sue paure  e del suo villaggio. Non è necessario prendere un aereo, affittare una guida con Jeap per penetrare nella capanna, pagare gli indigeni per cosumare un giorno da leoni. E’ sufficiente guardare gli occhi di Amel, seduti, mentre si sorseggia un pessimo thè in bustina. Amel mi ha portato tre foglioline di menta raccolte da un giardino, la prossima volta, dice, “raccogliero’ qualcosa dal giardino per fare un buon thè”. Il poeta sta ancorato con i piedi per terra e, qualora non sia avvinto da una forza di gravità leopardiana che gli fa incurvare la schiena, lancia anche qualche occhiatina trasversale al cielo, se è un poeta femmina guarda la luna, legge i tarocchi e i segni imperscrutabili del tempo perso nel fondo delle tazzine del caffè.
Una ragazza di un centro che produce manager sopraffini mi istruiva in modo perentorio, dicendomi che un video per essere efficace non deve superare il minuto, meglio trenta secondi, volevo controbattere chiedendole se anche un libro per essere letto non deve superara una pagina, meglio mezza, ma poi mi sono trattenuto perchè la ragazza, tra l’altro molto bella e procace,  mi stava comunicando indirettamente quanto è importante esserci e quanto è importante il nostro lavoro maldestramente poetico per raddrizzare il mondo, almeno provarci. Altri giovani non rispondono mai al telefono perchè sono molto impegnati, hanno molte cose da fare, sono trafelati, poi scopri che in verità stanno ruotando sul pavimento della cucina perchè un genitore ha caricato loro la molla impiantata nel costato e, di conseguenza, finchè la carica non si esaurisce sono condannati a girare in tondo emettendo un effetto cremagliera a trazione che mi ricorda la trottola che avevo quando ero piccolo.
Ho amici che girano il mondo e raccontano paesi lontani, conflitti, gioie e dolori, ma poi quando si ritrovano a dover attraversare quei tre minuti di depressione congenita alla vita, si buttano giù e si domandano cos’è che non và, ma poi organizzano un altro viaggio e un’altra spedizione per alienarsi dal qui e ora. Il poeta ha sempre il tempo di viaggiare in profondità, perchè le formiche oggi si stanno riorganizzando sulla mensola appena levigata dal riverbero del sole e appaiono giganti passando rasente ai cocci colorati di vetro di murano, vale la pena osservarle. Il poeta non trascura i suoi piu’ cari amici e fedeli compagni di lavoro: il bar del cinese, le scarpe erotiche delle mamme che portano a scuola i figli, il finto marmo sul tavolo del tinello, quallo vero a macchie bianche e nere, ai piedi della tazza del cesso, dove ogni volta appaiono nuovi volti e figure mitologiche, il ragazzo matto che chiede sigarette ai passanti, il prete che ogni mattina compie misteriosi gesti sull’altare nell’incessante tentativo della transmutare il pane e il vino nel corpo e sangue di Cristo.  Certo bisogna lavorare, ma per lavorare ci sono due modi: o diventare schiavi della società o tentare di crearsi un destino, nel secondo caso è indispensabile almeno vagamente, sapere cosa si vuole fare e a questo quesito non consegue sempre una risposta automatica. Intanto si inizia ad osservare il contesto e poi ci si pensa. Il Poeta si infila le scarpe da lavoro per coltivare l’orto. Dante è stato sfortunato perchè è stato cacciato via da Firenze, ma ha girato in lungo e in largo la penisola, a piedi pero’ e quindi ha declinato l’esilio con l’esplorazione intima del mondo, è uno dei pochi poeti, suo malgrado, che hanno fatto tracking. Heiddeger non parlava bene della curiosità e infatti questo schizzo demenziale giovanilistico, ma in uso anche tra i piu’ anziani, del mordi e fuggi, è una fuga nel vuoto; una mutazione antropologica studiata a tavolino dagli ingegneri della comunicazione, cioè dai tirapiedi di quelle forze che ostracizzano e a volte, purtroppo uccidono i poeti. I poeti sono dei rivoluzionari perchè si radicano e, una volta radicati diventano pericolosi, ecco perchè i regimi inventano il confino, l’esilio, in sostanza li spostano e quando non riescono a risolvere spostando la gente indesiderata, la rinchiudono o la uccidono. Per distruggere un poeta è necessario sradicarlo dal luogo della sua ispirazione, allontanarlo da tutti i suoi “amici” di cui abbiamo fatto la polaroid prima, fargli terra bruciata intorno. Ricordiamone solo due Mandel’stam e Tarkowskij. E mentre si celebra il conflitto tra i Poeti e il Potere come tra Dio e il Diavolo, i giovani rampanti ci pensano da sè a sradicarsi ad annullare ogni loro forma di acquisizione del senso intimo della poesia, non ce la fanno, hanno le formiche sotto i piedi, devono viaggiare, fare esperienza, conoscere il mondo, mescolarsi, peccato che gli esiti siano profondamente deludenti perchè nell’assaggiare tutto fugacemente non assorbi sostanzialmente nulla, il giovane medio è il bignami delle esperienze e il coito interrotto è il suo rapporto d’amore rassicurante e preferito. Cresciuto a Tv, caramelle e facebook è convinto che la vita sia una superficie piatta e che per vedere il mondo, da veri esploratori, davvero bisogna andarci.  Il mondo è ovunque, tutto, se lo sai ascoltare, arriva come il profumo dei fiori, se sai ascoltare riesci persino a sentire  il rumore del pianeta che ruota su se stesso, poi dipende se hai o meno le cuffiette anestetizzanti piantate nei timpani o usi il gps per orientarti nel deserto per scoprire che hai perso il segnale... Amel è arrivata con il barcone, ma nei suoi occhi luminosi ho visto con angoscia e senso di colpa la mia faccia pallida di colonizzatore e di figlio di puttana, mi son sentito male, fisicamente sofferente, non riuscivo a guardarla negli occhi per la vergogna di appartenmere alla parte sbagliata del pianeta. Le ho in qualche modo chiesto scusa da parte dei francesi,degli inglesi, dei portoghesi e persino degli americani. Ma non credo che ci perdonerà e al momento giusto, che non è lontano, agirà.