POLLOK
"voglio esprimere dei sentimenti, non illustrarli"
sabato 12 maggio 2012
HERMANN NITSCH
"Già da quando avevo diciotto anni ho cercato di sviluppare un tipo di teatro in cui non si recitasse nel senso tradizionale del termine, ovvero non ci fossero in scena personaggi come Macbeth o un re o altri personaggi di tale natura, ma piuttosto venissero messe in scena delle situazioni reali, concrete. Per me la cosa importante era appunto portare sulla scena degli spezzoni di vita concreta, degli accadimenti reali. Gli spettatori dei miei spettacoli non dovevano assistere a scene tradizionali, scene inattive se vogliamo, ma piuttosto dovevano fare un’esperienza fisica, corporea, dei profumi e degli odori, toccando, gustando e assaporando le cose."
"Già da quando avevo diciotto anni ho cercato di sviluppare un tipo di teatro in cui non si recitasse nel senso tradizionale del termine, ovvero non ci fossero in scena personaggi come Macbeth o un re o altri personaggi di tale natura, ma piuttosto venissero messe in scena delle situazioni reali, concrete. Per me la cosa importante era appunto portare sulla scena degli spezzoni di vita concreta, degli accadimenti reali. Gli spettatori dei miei spettacoli non dovevano assistere a scene tradizionali, scene inattive se vogliamo, ma piuttosto dovevano fare un’esperienza fisica, corporea, dei profumi e degli odori, toccando, gustando e assaporando le cose."
per proporre la propria partecipazione scrivere a secretary@kineofilm.it
Programma
L’azione della settimana di lavoro si svolgerà
secondo le logiche del Terzo Cinema: non ci sarà un piano pre-confezionato a
cui i corsisti dovranno adattarsi, ma, al contrario, sarà il programma ad
essere adattato ai corsisti.
Il tema trattato è la vita nei tempi ultimi in relazione al
corpo, inteso come essere
esteso nello spazio e percepibile attraverso i sensi; tutto ciò che riveste e
ricopre l’essenza spirituale dell’essere.
Il laboratorio si concentrerà nell’azione
performativa del singolo in relazione al gruppo.
L’elaborazione del tema passerà attraverso un
lento “riscaldamento” del corpo. L’artista ha deciso di proporre una discesa
graduale, ma progressiva, nel cuore del tema, attraverso l’esplorazione delle
qualità espressive del corpo, del
ritmo e della voce.
Potrà essere richiesto di portare con sé degli
oggetti affettivi, che serviranno per comporre la storia; così come potranno essere
utilizzati dei giochi d’infanzia.
Verranno in tal senso predisposte azioni
performative individuali e collettive sul: corpo che soffre; sul corpo
combattente, sul corpo cedevole; sul corpo resistente; sul corpo inconsapevole;
sul corpo consapevole; sul corpo che piange, il corpo che pensa, il corpo che ride,
il corpo che ama, il corpo che vive, il corpo che muore. Verranno trattati temi
come il culto della sopravvivenza e della pulsione biologica. L’idea fisica
della morte e della vita dopo la morte.
Obiettivi
1) Promuovere e allenare ad una nuova consapevolezza
culturale, fisica ed esistenziale per un approccio globale alla malattia
terminale e alla morte.
2) Affrontare la paura della morte propria e degli
altri attraverso la drammatizzazione gestuale e scenica.
3) Gestire e valorizzare il corpo e ogni sua parte
anche “minorata” o presunta tale.
4) Indagare attraverso l’atto performativo i diversi
aspetti dell’esperienza del morire e del rinascere (elaborazione del lutto e
rinascita)
5) Contrapporre alla società dei consumi il valore
straordinario del corpo anche se offeso, leso o malato, presente nella memoria.
6) Il Corpo assente. Come riunirsi attraverso l’atto
scenico al corpo assente di chi non è più.
7) Uscire dall’isolamento del proprio corpo e
condividere il gesto oltre le convenzioni e le istruzioni comunicative.
MAMELA NYAMZA
STANDARD BANK YOUNG ARTIST
AWARD IN DANCE 2011
MAIL & GUARDIAN’S BOOK
OF WOMAN 2011
MAIL AND GUARDIAN’S YOUNG
SOUTH AFRICAN’S TO KNOW
One of the contributors of
The Migrant Artist’s Handbook 2012
Born in Gugulethu in Cape Town
trained as a dancer at the ZAMA
DANCE SCHOOL and later at the
Tswane University of Technology, received a National Diploma in Ballet. Later
joined The State Theatre Dance Company where I participated in works of eminent
choreographers where I danced Internationally eg (Israel, Denmark, Finland) and
Nationally. In 1998, received a scholarship to go and further my studies at the
Alvin Ailey American Dance centre. I performed as a dancer in major
international musicals such as The Lion King, We Will Rock You & African
Footprints. Simultaneously I have developed my own artistic practice,
developing choreographies which deal with important political and societal
issues of today’s South Africa.
Since 2007, I have dedicated
my career to my own choreography. The autobiographical works HATCHWAS PERFORMED
(Netherlands, Mexico & in Los Angeles, KUTHENI, HATCHED nominated for the
best visual performance at Out the Box Festival 2010, recently performed in
Dans L’ AFRIQUE DANCE in Mali and USA’s Bates Dance Festival 2011(ISINGQALA)
and all of these works have been part of the (Johannesburg’s Dance Umbrella)
and new work SHIFT addressing issues of human rights, the status of women in
sports. Performed Isingqala and Amafongkong as part of my Standard Bank Young
Artist award under the main NAF. Won an award for the most outstanding
performance, “The Dying Swan” Worked. One of the choreographers of “So You
Think You Can Dance 2008. Represented South Africa as a soloist in The Super
Stars of Dance in Los Angel, 2008 and made it to the semifinals. I was one of
67 dancers around the globe chosen to take part in the 2008 Impulstanz in
Vienna International dance festival. In 2009, I got nominated to take part in
the Big Intensive course in directing dance and movement at the Sadlers Wells
in London. Also took part in the Master’s course of Leader ship in the Arts
2011 which was funded by Arts and Culture. Recently finished a project funded
by Goethe Institute collaborating with FEW and IHAWU for the new work called
“ABANGXOLAYO”. At present teaching at Magnet Theatre, Zama dance school and at
UCT.
venerdì 11 maggio 2012
C’è
un disegno di riduzione del senso di realtà molto preciso. Le motivazioni che spingono
gli autori cinematografici ad agire sono autoreferenziali: per questo tendono ad occuparsi di temi sociali "significativi", per nascondere il vuoto motivazionale profondo.
E’
come se si fosse persa l’urgenza di dover comunicare qualcosa di
indispensabile. Come se bisognasse per forza scrivere prosa illustrativa. Non c’è
piu’ spazio per il mistero, per l’ipotesi, per la ricerca. Tutto è spiegato,
sentimenti compresi. La merce è stoccata secondo procedure efficacemente inutili. La mediocrità ha progressivamente preso il potere come ai
tempi del realismo socialista. Il potere tremendo della delazione, della chiacchera, il
potere dell’amministratore del condominio delle arti e spettacolo che denuncia l'inquilino sospetto, il potere tremendo dell'assemblea popolare e della commissione, ben descritta da Petrovic nel suo "Maestro e Margherita" quando viene crocifisso, per invidia, il poeta.
Questa medietà ha invaso le giurie dei festival, dei premi, della critica, degli
autori che sembrano sempre piu’ spenti nell’esaltazione; cubetti di ghiaccio gettati nell'acqua bollente, parrucconi stralunati
a cui resta lo sfoggio televisivo di un look provinciale.
Quello dei Golden Globe è uno spettacolo patetico ma istruttivo, simile solo all'Orrore pronunciato da Kurtz prima di morire. degli oscar casarecci non ne parliamo; i registi
piu’ fortunati vanno nelle trasmissioni della nostra televisione a presentare i
loro film, ma non dicono nulla, lasciano parlare il presentatore. Tutti hanno l’urgenza di essere considerati
bravi, buoni, mediamente dotati. Il “far bene le cose” è diventata una
condizione indispensabile per essere accolti in società. Far bene le cose senza
far bene ALLE cose è pero’ sterilizzante. Il cinema
italiano cos’è? Il linguaggio di queste opere ben confezionate è sempre lo
stesso, manierismo che oscilla tra la macchina a mano e l’inquadratura
scolastica corretta. Anche
i temi trattati sono sempre gli stessi, come a scuola, in un liceo:
immigrazione, prostituzione, guerra, disagi vari, separazioni, delitti,
tradimenti, crisi generezionali, ma nella sostanza la superficialità con i
quali vengono “approfonditi” gli argomenti è imbarazzante. Non esiste un
pensiero, una visione, un’ipotesi ma solo un prodotto "ben fatto" di scarso valore
energetico, spesso indigesto, imbevuto di “aromi naturali”. In sostanza a noi questi film non
piacciono, anche quando vincono rassegne, festival e quant’altro. Questo perchè
il deterioramento è dilagante, non ci impressiona tanto la corruzione politica quanto
la decomposizione culturale. Questi argomenti d’attualità, sono illustrati da un'estetica delle emozioni che non fa che togliere dignità ai poveri diavoli e al cinema. Questo guardar fuori le disgrazie altrui, fa si che non vi sia
mai la disponibilità di rivolgere lo sguardo dentro alle nostre case, alle nostre
misere vite di ex borghesi, ex insegnanti, ex imprenditori, ex banditi, di
capire di chi sono le reali responsabilità del disastro che stiamo vivendo. I
nostri genitori, fratelli, zie e parenti sono intoccabili, tutti innocenti ( "Io di mio padre mi fido; mia madre è malata, lo so... ma non è cattiva...), la
colpa è irrinunciabilmente della politica, del malgoverno e delle banche. Bisogna invece avere il coraggio
di dichiarare patologico il modello di isolamento suicida dell’individuo
occidentale, chiuso nel proprio bozzolo mortifero, solo “in una famiglia senza
pesone, come tra i muri di una prigione”. I "giovani" si attaccano, come vagoni inerti ai ganci dei loro
genitori che li trainano verso il macello. Ci si siede comodamente a braccia conserte sopra un
sacco di merda, fissi verso un unico schermo, chiamando questa morte cerebrale, sana distrazione o meditazione. Generazioni allevate a Tv e caramelle; imbalsamate a vent'anni nei vari
Erasmus, Corsi, Ricorsi e Concorsi. Siamo stanchi di sterilizzare le lingue in
un inglese snervante che ha colonizzato il mondo appiattendolo. Stanchi di una nauseante hollywood filodiffusa. Stanchi delle competizioni che non divertono più nessuno se non chi le organizza, persone incoscienti che decidono arbitrariamente chi deve vivere e chi deve morire. Il cinema dovrebbe essere un’arte non una
competizione ad uso e consumo delle fiere. Siamo arcistufi
delle canzonette idiote che ci propinano le radio, dei disc jokey spiritosi.Questa mutazione genetica a ribasso è insopportabile e noiosa.
Bisognerebbe sostituire con qualcos'altro il cinema che non riesce a scalfire, che non riesce a convincere perché non condivide niente con nessuno; né idee, né progettazione né realizzazione, nulla! Utilizza solamente e strumentalmente luoghi e persone e vorrebbe pure il pubblico, che ovviamente lo evita: un cinema che, in definitiva, non riesce ad Essere.
Liberalizziamo la licenza per far cinema!
Bisognerebbe sostituire con qualcos'altro il cinema che non riesce a scalfire, che non riesce a convincere perché non condivide niente con nessuno; né idee, né progettazione né realizzazione, nulla! Utilizza solamente e strumentalmente luoghi e persone e vorrebbe pure il pubblico, che ovviamente lo evita: un cinema che, in definitiva, non riesce ad Essere.
Liberalizziamo la licenza per far cinema!
Ecco
la vera riforma culturale dello spettacolo!!!
Consentiamo
a tutti di poter girare dei film, è la cosa migliore. Visto che il cinema dei
prediletti non produce nulla, che si apra la produzione del
cinema alla massa. Lo spettatore comodamente protetto che sinora s'è goduto il dramma del
mondo beneficiando del privilegio di non essere coinvolto nei fatti, ora lo è.
Trasformiamo gli spettatori in autori, avremo sicuramente un cinema migliore,
piu’ intelligente, meno mafiosetto, piu’ dirompente. (Le maestrine giurate tornino pure a casa). Per far questo utilizzate quello che
avete, una telecamera e un programma per montare, il resto lo fanno le idee, ma ancor più le
pulsioni profonde.
Ci vuole un cinema nuovo che ci ricolleghi alla storia del nostro
futuro e ci proietti nel passato con forza.
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