venerdì 11 maggio 2012



LIBERALIZZAZIONE DEL CINEMA: 
Cosa propone la "manovra" Arthur Frame. 




C’è un disegno di riduzione del senso di realtà molto preciso. Le motivazioni che spingono gli autori cinematografici ad agire sono autoreferenziali: per questo tendono ad occuparsi di temi sociali "significativi", per nascondere il vuoto motivazionale profondo.
E’ come se si fosse persa l’urgenza di dover comunicare qualcosa di indispensabile. Come se bisognasse per forza scrivere prosa illustrativa.  Non c’è piu’ spazio per il mistero, per l’ipotesi, per la ricerca. Tutto è spiegato, sentimenti compresi. La merce è stoccata secondo procedure efficacemente  inutili. La mediocrità ha progressivamente preso il potere come ai tempi del realismo socialista. Il potere tremendo  della delazione, della chiacchera, il potere dell’amministratore del condominio delle arti e spettacolo che denuncia l'inquilino sospetto, il potere tremendo dell'assemblea popolare e della commissione, ben descritta da Petrovic nel suo "Maestro e Margherita" quando viene crocifisso, per invidia, il poeta. 
Questa medietà ha invaso le giurie dei festival, dei premi, della critica, degli autori che sembrano sempre piu’ spenti nell’esaltazione; cubetti di ghiaccio gettati nell'acqua bollente, parrucconi stralunati a cui resta lo sfoggio televisivo di un look provinciale.
Quello dei Golden Globe è uno spettacolo patetico ma istruttivo, simile solo all'Orrore pronunciato da Kurtz prima di morire. degli oscar casarecci non ne parliamo; i registi piu’ fortunati vanno nelle trasmissioni della nostra televisione a presentare i loro film, ma non dicono nulla, lasciano parlare il presentatore. Tutti hanno l’urgenza di essere considerati bravi, buoni, mediamente dotati. Il “far bene le cose” è diventata una condizione indispensabile per essere accolti in società. Far bene le cose senza far bene ALLE cose è pero’ sterilizzante. Il cinema italiano cos’è? Il linguaggio di queste opere ben confezionate è sempre lo stesso, manierismo che oscilla tra la macchina a mano e l’inquadratura scolastica corretta. Anche i temi trattati sono sempre gli stessi, come a scuola, in un liceo: immigrazione, prostituzione, guerra,  disagi vari, separazioni, delitti, tradimenti, crisi generezionali, ma nella sostanza la superficialità con i quali vengono “approfonditi” gli argomenti è imbarazzante. Non esiste un pensiero, una visione, un’ipotesi ma solo un prodotto "ben fatto" di scarso valore energetico, spesso indigesto, imbevuto di “aromi naturali”.  In sostanza a noi questi film non piacciono, anche quando vincono rassegne, festival e quant’altro. Questo perchè il deterioramento è dilagante, non ci impressiona tanto la corruzione politica quanto la decomposizione culturale.  Questi argomenti d’attualità, sono illustrati da un'estetica delle emozioni che non fa che togliere dignità ai poveri diavoli e al cinema. Questo guardar fuori le disgrazie altrui, fa si che non vi sia mai la disponibilità di rivolgere lo sguardo dentro alle nostre case, alle nostre misere vite di ex borghesi, ex insegnanti, ex imprenditori, ex banditi, di capire di chi sono le reali responsabilità del disastro che stiamo vivendo. I nostri genitori, fratelli, zie e parenti sono intoccabili, tutti innocenti ( "Io di mio padre mi fido; mia madre è malata, lo so... ma non è cattiva...), la colpa è irrinunciabilmente della politica, del malgoverno e delle banche.   Bisogna invece avere il coraggio di dichiarare patologico il modello di isolamento suicida dell’individuo occidentale, chiuso nel proprio bozzolo mortifero, solo “in una famiglia senza pesone, come tra i muri di una prigione”. I "giovani" si attaccano, come vagoni inerti ai ganci dei loro genitori che li trainano verso il macello. Ci si siede comodamente a braccia conserte sopra un sacco di merda, fissi verso un unico schermo, chiamando questa morte cerebrale, sana distrazione o meditazione. Generazioni allevate a Tv e caramelle; imbalsamate a vent'anni nei vari Erasmus, Corsi, Ricorsi e Concorsi. Siamo stanchi di sterilizzare le lingue in un inglese snervante che ha colonizzato il mondo appiattendolo. Stanchi di una nauseante hollywood filodiffusa. Stanchi delle competizioni che non divertono più nessuno se non chi le organizza, persone incoscienti che decidono arbitrariamente chi deve vivere e chi deve morire. Il cinema dovrebbe essere un’arte non una competizione ad uso e consumo delle fiere.  Siamo arcistufi delle canzonette idiote che ci propinano le radio, dei disc jokey spiritosi.Questa mutazione genetica a ribasso è insopportabile e noiosa.
Bisognerebbe sostituire con qualcos'altro il cinema che non riesce a scalfire, che non riesce a convincere perché non condivide niente con nessuno; né idee, né progettazione né realizzazione, nulla! Utilizza solamente e strumentalmente luoghi e persone e vorrebbe pure il pubblico, che ovviamente lo evita: un cinema che,  in definitiva,  non riesce ad Essere.
Liberalizziamo la licenza per far cinema!
Ecco la vera riforma culturale dello spettacolo!!!
Consentiamo a tutti di poter girare dei film, è la cosa migliore. Visto che il cinema dei prediletti non produce nulla, che si apra la produzione del cinema alla massa. Lo spettatore comodamente protetto che sinora s'è goduto il dramma del mondo beneficiando del privilegio di non essere coinvolto nei fatti, ora lo è. Trasformiamo gli spettatori in autori, avremo sicuramente un cinema migliore, piu’ intelligente, meno mafiosetto, piu’ dirompente.  (Le maestrine giurate tornino pure a casa).  Per far questo utilizzate quello che avete, una telecamera e un programma per montare, il resto lo fanno  le idee, ma ancor più le pulsioni profonde.
Ci vuole un cinema nuovo che ci ricolleghi alla storia del nostro futuro e ci proietti nel passato con forza. 

Arthur Frame: Il Terzo Cinema.
LETTERA A UNA PROFESSORESSA
Don Milani
VITTORIO DE SETA

martedì 8 maggio 2012

IL PAESE DEL SILENZIO E DELL'OSCURITA'
di Wemer Herzog (1971) riguardo alla vita dei sordo ciechi, considerato da egli stesso uno dei suoi film piu' importanti
MAGNA ISTRIA
by Cristina Mantis
THE MASTER AND MARGARITA (1972)
By Aleksandar Petrovic con la Critica (nei commenti) di Tullio Kezich

E' tra i film da iscrivere nel libro nero di Kezich, mentre Arthur Frame lo considera una fotografia  realistica e toccante del regime sovietico. Come mai tanta differenza di vedute tra intelletti di tale levatura?