pianetaMARTE
Planimetria dell' arte
«Se il cinema entra ormai nella definizione della creazione contemporanea, esso va anche verso i confini del saggio,del documentario e della metafinzione.
Si tratta qui di definire i lineamenti di un nuovo territorio artistico, quello di un terzo cinema, tra arte contemporanea, cinema, nuovi media e letteratura,
da non confondere con il cinema sperimentale.
Questo territorio condiviso, che non "appartiene a nessuno", non si può ridurre ad un unico criterio tecnico o tematico.
Il terzo cinema crea una piattaforma di espressioni singolari che non ricoprono esattamente il territorio
delle arti plastiche ma costituisce un oggetto nuovo:
quello di un campo di esperienze estetiche che non distinguono pertanto una figura unica.»
Pascale Cassagnau, Prefazione al saggio Futura Amnesia (Indagine su un terzo cinema).
Ogni essere umano è caratterizzato in modo inequivocabile da un DNA che lo rende unico ed immediatamente riconoscibile, l'artista da sempre manifesta questa individualità sottraendosi agli imperanti tentativi di omologazione ed asservimento.
Rifuggendo così dai recinti predeterminati, dalle visioni dicotomiche e dalle costrizioni strumentali dell'organizzazione, l'arte da sempre si muove alla ricerca di spazi autonomi dove esibire l'infinita gamma dei grigi che contraddistinguono l'esistenza.
Da una parte la società con le sue esigenze classificatorie e funzionali, dall'altra il pensiero libero che afferma ogni volta il valore del diverso.
La
propria fisicità come punto di partenza per percorsi autonomi che, nel
confermare la diversità come regola, portano alla realizzazione di opere
video digitali, di terzo cinema appunto, firmate con il proprio corpo.
Il
deambulare tra le rappresentazioni fisiche consente allo spettatore di
penetrare in quei « mondi » resi tangibili dalla qualità delle immagini, dalla presenza del suono e da quei personaggi, ormai orfani del proprio lavoro, i cui movimenti quotidiani rimangono ancorati nella loro memoria storica,offrendo così la possibilità di cogliere l'infima frontiera tra la perdita (del lavoro, del tempo) e lo spessore di quelle vite.